Una selezione dei vini del centro Italia
Quali sono i vini più apprezzati del centro Italia? Dal Lazio alla Toscana, dall’Umbria alle Marche, vediamo quali sono i migliori vitigni.
Il Lazio
La produzione di vino nel Lazio risale al tempo degli Etruschi iniziando nell’area del Viterbese. Il vero e proprio sviluppo della cultura del vino, si ebbe però con la crescita di Roma e del suo impero. Una volta caduto l’impero Romano, la cultura enologica fu conservata e perpetrata dai monaci ed esaltata dai papi durante il Rinascimento.
Tra il XVIII e XIX secolo si ebbe poi il declino della cultura del vino nello Stato Pontificio. Infatti, alla fine dell’Ottocento, si coltivavano nel Lazio solo alcuni e pochi vitigni autoctoni tra cui i più noti erano il Castelli Romani, il Frascati, il Marino e l’Est! Est!! Est!!!.
Successivamente, l’evoluzione della viticoltura è stata piuttosto lenta e molto graduale, per lo più a conduzione familiare e spesso solo per l’autoconsumo. Il risveglio dell’enologia laziale si ebbe a partire dalle prime decadi del 1900 con la bonifica di territori prima ricoperti da paludi e la lenta introduzione di vitigni internazionali.
La Toscana
Ancora una volta la coltivazione della vite in Toscana si deve agli Etruschi, che abitarono per molti secoli la regione. Con l’avvento dei Romani l’attività proseguì senza però dar vita a prodotti di grande successo. Il rinascimento fu senza dubbio il trampolino di lancio per i vini toscani. Grandi famiglie nobili e prestigiosi banchieri come i Ricasoli, Antinori e Frescobaldi, solo per citarne alcuni, si dedicarono con passione, ed occupandosene direttamente, alla coltivazione delle vigne e alla produzione del vino.
Nel 1716 un bando del Granduca di Toscana, Cosimo III de’ Medici, delimitò le zone di produzione dei Vini Chianti, Pomino, Carmignano e Valdarno, precorrendo le Denominazioni d’Origine controllata. Nel 1872, il Barone Bettino Ricasoli, produttore a Brolio e membro dell’Accademia dei Gerorgofili, definì gli standard qualitativi del Chianti, distinguendone due tipi: un Chianti da invecchiamento e uno da pronta beva, in cui era ammessa l’aggiunta di una piccola quota di Malvasia alle uve rosse di Sangiovese e Canaiolo. Più o meno nello stesso periodo, nella sua tenuta “Il Greppo”, Clemente Santi studiava la formula del Brunello di Montalcino.
Nel 1924 fu costituito il Consorzio per la tutela del Chianti Classico, che utilizzò come proprio simbolo il Gallo nero, mentre il riconoscimento della DOC al Chianti giunse nel 1967 (solo nel 1984 si avrà la DOCG). Poco più tardi inizio il periodo dei Supertuscans, vini che, non essendo soggetti ad un disciplinare devono per forza essere definiti “da tavola”, ma che in realtà per le loro caratteristiche sono venduti a prezzi elevati.
L’Umbria
Già Virgilio e Plinio citavano ed elogiavano le “uve apianae”, ovvero dell’Umbria. Durante il medioevo furono soprattutto gli ordini monastici cistercensi e benedettini a portare avanti la viticoltura di questa regione.
Nei secoli successivi la produzione vinicola si è identificata soprattutto nel Vino Orvieto, che in origine era un vino amabile ottenuto in fredde cantine di tufo le cui basse temperature ne impedivano la fermentazione completa lasciando nel vino un consistente residuo zuccherino.
Nelle prime decadi del 1900, grazie alla lungimiranza di alcuni viticoltori, nella regione sono cresciute le denominazioni, nonostante le devastanti conseguenze subite dai vigneti a causa della fillossera.
Le Marche
La viticoltura nelle Marche risale a tempi lontani, ma era destinata per lo più ad un consumo di tipo familiare. Lo scatto in avanti si è avuto nel secondo dopoguerra con la coltivazione di vitigni di particolare qualità nelle zone collinari di Jesi, Cupramontana e nei Colli Piceni. Dal 1962 si sono poi avute le prime e meritate DOC per questa regione.
Attualmente nelle Marche ci sono circa 200 varietà di vitigni, ma ad avere la meglio sono i vitigni del Sangiovese e del Montepulciano, per i vini rossi, e del Verdicchio e del Trebbiano, per i vini bianchi.